Abstract
Habermas propone nella Teoria dell'agire comunicativo (1981) una saldatura tra una teoria della società e dell’evoluzione sociale, che trova in Marx, Durkheim, Weber, Mead, Parsons e nei pensatori della Scuola di Francoforte i suoi interlocutori privilegiati, e una teoria pragmatica del linguaggio, inscritta nel solco della «svolta linguistica» della filosofia, che ha come precursore Wittgenstein e come riferimenti di maggior rilievo per Habermas, Austin, Searle e Apel. Il risultato di questa originale e impegnativa operazione teorica, che delinea il profilo dell’intera opera, è un grande affresco sociologico articolato nei termini di una teoria del linguaggio e della azione/razionalizzazione sociale, che offre una chiave di lettura per cogliere in tutta la loro complessità le dinamiche e i processi di integrazione delle società moderne, mettendone in luce gli aspetti di razionalità ed emancipazione, così come le distorsioni e i limiti.